Compiti, nuvole e una pagina di niente
Oggi le nuvole sono bellissime perché sono di più colori del solito. Le nuvole sembrano luci accese. Le nuvole sembra che piovono loro invece che la pioggia. La nuvola grigia è come un mare inquinato dal petrolio. Le nuvole sembrano poltrone. Le nuvole fine fine sembrano un foglio di carta. A scuola ci siamo molto impegnati a fare le cose che fanno le nuvole. Le nuvole sembrano zucchero ammucchiato. Una volta le nuvole, il giorno di pasqua, erano a forma di uovo di cioccolato. Le nuvole sono come delle pecore che si vanno a pascolare, poi arriva il lupo e se le mangia. Questa sera le nuvole non ci sono, ma il cielo è molto blu. Le nuvole, quelle più scure sembrano i cavalloni del mare perché davanti ci sono ancora altre nuvole ed è bellissimo. Oggi le nuvole sono stese e mi piacciono così come sono».
Anni fa, in seconda elementare, avevo preparato per ciascun bambino un piccolo libricino quadrato grande quanto le loro mani con tanti fogli bianchi. Dopo aver giocato a guardare e a imitare le nuvole muovendo i nostri corpi, ne ho regalato uno a ciascuno invitando bambine e bambini, tutti i giorni che volevano, a scrivere qualcosa che venisse loro in mente guardando le nuvole.
L’osservazione è durata oltre tre mesi e le frasi che ho copiato qui sopra sono tratte dal libricino di una bambina, che ho ritrovato a scuola. Mi è tornato in mente questo lavoro perché a giugno, come ogni anno, si discute se sia utile o meno dare compiti per le vacanze. Personalmente penso sarebbe bello che bambine e bambini l’estate facessero cose diverse. Disegnare, dipingere e giocare tanto per esempio, con la possibilità di perdersi nei giochi. Fare sport e costruire ed esplorare, da soli o con gli amici. Ascoltare musica e suonare ogni cosa. Stare più possibile nella natura. Temo la solitudine annoiata passata chiusi dentro casa, perché precipita inesorabilmente i bambini nel gorgo compulsivo di videogiochi senza limiti, che tanto comodo fanno a noi adulti, perché possiamo dimenticarci per ore dei nostri figli.
Piuttosto che affibbiargli compiti scolastici, il consiglio che mi viene da dare sta nell’aiutarli noi adulti, con cura e attenzione, a cercare di scovare ovunque le differenze e a godere della loro bellezza. Differenze tra le nuvole e tra le luci diverse delle stelle. Differenze tra i libri, tra palazzi e paesaggi. Differenze tra giochi che si fanno con le mani o che s’inventano con tutto il corpo. Differenze di volti e di storie, di voci ed espressioni, di cibi e cappelli. È guardando con attenzione alle differenze tra coleotteri e becchi di uccelli che Darwin scoprì l’evoluzione. Ci può aiutare, in una estate da dedicare all’elogio delle differenze, la lettura de La storia di Mina, un meraviglioso libro di David Almond uscito qualche anno fa. È il racconto di una bambina ribelle che non riesce a stare a scuola e che, con la complicità di sua madre, s’inventa di continuo compiti surreali e scopre mille modi di osservare il mondo da altri punti di vista, fino a riempire un giorno una pagina di niente…
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