I compiti a casa? Inutili e dannosi
Tra pochi giorni si ricomincia, e l’incubo delle famiglie è: “abbiamo” finito i compiti? Siccome la risposta è – invariabilmente – no, ci si sottopone a tour de force massacranti last minute, con esercizi scopiazzati, riassunti da Wikipedia, nonni convocati per ripassi veloci, risse finali tra genitori e figli. Tutti contro tutti, con l’unico scopo di evitare un votaccio nei primi giorni di scuola. Quanto a imparare, quella è un’altra storia. Mentre parte (è notizia di oggi) una sperimentazione ufficiale in 166 classi di scuole elementari e medie che aboliranno i compiti, ne discuto con Maurizio Parodi, dirigente scolastico antesignano di questa battaglia, autore del libro Basta compiti! (edizioni Sonda), responsabile di una petizione che ha raccolto 24mila adesioni, amministratore di una pagina Facebook con 10mila iscritti, e di un gruppo tecnico, Docenti e dirigenti a Compiti zero, con 500 convinti aderenti. Insomma un sostenitore accanito dell’inutilità di quello che definisce un “accanimento morboso” e una “perversione didattica” di molti insegnanti.
I prof che assegnano compiti si giustificano: se i ragazzi d’estate non fanno niente, in 3 mesi dimenticano tutto.
Se succede, vuol dire che si è insegnato o poco o troppo, in ogni caso male. Non è affliggendo gli studenti nei mesi estivi che si supera un problema professionale. Lo studio domestico si risolve in una memorizzazione di nozioni che hanno vita breve: si ingurgitano e si digeriscono in un attimo. Sono nozioni usa e getta, tempo rubato ad attività di gioco e sport durante le vacanze. Il paradosso è che a beneficiarne, delle vacanze, sono soprattutto i professori. Studenti e famiglie invece sono sopraffatti dai compiti. Finiscono avvantaggiati gli studenti che possono contare sull’aiuto dei genitori, e non è giusto. Ma perché, molto semplicemente, nei primi giorni non si fa un ripasso?
Dicono anche che se non si fanno i compiti si perde l’allenamento.
A cosa: a stare seduti? Se si pensa che i compiti servano a insegnare l’ubbidienza, vuol dire che si tratta di una scelta ideologica raccapricciante. Come dimostra la follia di dare comptii ai bambini che fanno il tempo pieno alle elmentari. Stanno a scuola fino alle 4 e mezzo e non basta? Oggi i 500 docenti che aderiscono al gruppo Compiti zero dimostrano che anche senza sperimentazioni, con la scuola e l’orario di oggi, si ottengono ottimi risultati lavorando solo in classe.
Per di più è una fissazione tutta italiana.
Giusto. In Finlandia fino a 7 anni si gioca e basta. Poi si passa alla scuola: orari ridotti, meno giorni di lezione, zero compiti. E gli studenti sono in testa per competenze e conoscenze nelle classifiche mondiali. Ora anche la Francia si adegua: per chi resta indietro si faranno delle ore aggiuntive ma il pomeriggio resta di svago.
Quindi i compiti sono da bocciare senza riserve.
Assolutamente. Nell’ebook I compiti fanno male ho raccolto le testimonianze di genitori e docenti. Questi ultimi riferiscono che i ragazzi, senza l’ossessione degli esercizi domestici, portano avanti idee e ricerche per conto proprio, e le restituiscono alla classe, condividendole con i compagni. Certo, parliamo di una didattica senza lezione frontale, più partecipativa. Ma i risultati sono evidenti.
http://blog.iodonna.it/scuola/2017/09/06/i-compiti-a-casa-inutili-e-dannosi/?refresh_ce-cp
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