Testimonianza di Carla Fedele
“Nell’anno scolastico 2014/15 ho aderito alla campagna BastaCompiti! firmando l’omonima petizione.
La campagna BastaCompiti!, partita nei primi anni del duemila, è condotta dal Dirigente scolastico genovese Maurizio Parodi, ha avuto il suo culmine con la raccolta firme lanciata via Change.org e ha raccolto ad oggi più di 34.000 adesioni tra cui quelle di numerosi personaggi del mondo della scuola quali Giancarlo Cavinato, già Segretario del MCE, Paolo Ferri, Professore all’Università “Bocconi” di Milano, Giacomo Stella, Professore all’Università di Modena e Reggio Emilia e saggista, Francesco Tonucci, Ricercatore CNR, scrittore, vignettista (Frato), Cristina Zucchermaglio, Professore all’Università”La Sapienza”di Roma.
La mia scelta di non assegnare compiti a casa è venuta in seguito ad un biennio di volontariato presso l’Associazione Officina Progetto Windsor Park di Modena, zona San Faustino, che accoglie e supporta i bambini e le bambine, perlopiù di origine migrante, frequentanti la scuola primaria a tempo pieno, che devono svolgere i compiti per il fine settimana.
Lì ho potuto constatare che i motivi per cui si richiede l’abolizione dei compiti a casa sono reali, in particolare verificavo quanto fossero discriminanti, poiché i bambini e le bambine che frequentavano l’Officina erano più in difficoltà degli altri compagni dovendo affrontare carichi di lavoro troppo onerosi senza avere a casa genitori capaci di aiutarli.
Questo li costringeva a dover finire tutto in quell’ora del venerdì pomeriggio, dove arrivavano stanchi, al termine di otto ore di scuola giornaliere e quaranta settimanali. Un vero supplizio!
Con quell’ esperienza ho maturato l’idea della necessità di un cambio di rotta.
Mi rendevo conto che non si può chiedere ai bambini di continuare a svolgere fuori dal contesto scolastico attività che appartengono alla scuola: ne viene svilito il senso, diventa uno sterile e dannoso accanimento didattico.
Inoltre, molto spesso i volontari dei centri di aiuto compiti come l’Officina WP non sono docenti, come non lo sono i genitori, e affrontano non poche difficoltà nell’affiancamento del lavoro domestico. Si può chiedere alle famiglie o ad altri di essere insegnanti di complemento se non ne hanno le competenze?
Non ci si improvvisa insegnanti, non si può demandare alle famiglie il compito di svolgere ruoli che sono loro impropri come appunto la docenza. L’importanza di evitare la promiscuità dei ruoli, genitori che fanno gli insegnanti, è riconosciuta come regola fondamentale da psicologi e pedagogisti come Daniele Novara, per consentire una chiara e serena relazione genitori-figli.
Alle famiglie capita anche di dover pagare chi affianchi il proprio figlio nello svolgimento dei compiti.È giusto questo, visto che il servizio dell’insegnamento è di competenza dell’istituzione scolastica?Si dimentica anche che non c’è nessun documento ministeriale ad indicare di assegnare i compiti a casa, anzi ci sono due circolari ministeriali che suggeriscono di non assegnarne per permettere agli studenti di poter svolgere quelle attività che nella scuola sono poco praticate: teatro, musica, arte…Perché allora continuare con questa pratica?
Forse perché si è sempre fatto così? La pratica di dare i compiti non è sostenuta da nessuna teoria pedagogica; è frutto di un’abitudine culturale dovuta al fatto che la classe docente italiana stessa li ha sempre avuti e non immagina che nella scuola sene possa fare a meno.
Anche i genitori, per lo stesso motivo, li vogliono per i loro figli, anzi il più delle volte ritengono che l’insegnante che assegna tanti compiti sia più bravo di chi ne dà meno!
Ritengo che un docente debba chiedersi costantemente qual è il senso del proprio insegnamento.Io ho ritenuto che dare per compito esercizi, temi da svolgere o altro fosse ingiusto poiché si tratta di lavoro che dovrebbe essere svolto completamente a scuola, perciò ho smesso di darne.
Partendo dall’idea che i bambini e le bambine che frequentano la scuola a tempo pieno abbiano maggiore necessità di riposarsi e lasciare che ciò che apprendono in aula si sedimenti, mi adopero per predisporre un percorso scolastico che non preveda alcuna attività didattica da svolgersi a casa.
Approfondendo la mia ricerca verso forme di insegnamento di cooperazione educativa a cui sono sempre stata vicina, avendo letto don Milani, Bruno Ciari e i maestri e le maestre del MCE, leggendo i testi di M. Parodi, di P. Merieu, insegnante e pedagogista francese, sono approdata alla consapevolezza che sono percorribili itinerari di studio più efficaci e democratici, basati su un’autentica collaborazione tra alunni e alunne e alunni e insegnanti; itinerari che non hanno bisogno che il docente assegni compiti a casa.
I bambini stessi si organizzano per fare approfondimenti e ricerche anche fuori dal contesto scolastico e queste esperienze arricchiscono e aiutano a consolidare l’apprendimento.
Tra i testi del Movimento di Cooperazione Educativa a cui mi avvicino c’è quello di Le Bohece Bruna Campolmi, “Leggere e scrivere con il metodo naturale”.
È stato per me illuminante, mi ha risuonato dentro toccandomi corde molto profonde, ho sentito che mi riconoscevo nelle sperimentazioni raccontate e perciò potevo condividerle, proprio nel senso di viverle anch’io con la mia classe.
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