Zero compiti, nasce la rete nazionale. Isabella: “Sempre più convinta della mia didattica”
“Sono tornata carica, ancora più convinta dell’impostazione della mia didattica, fiduciosa di essere sulla strada giusta”. Isabella Santorsola, l’insegnante di scuola primaria di Parma che abbiamo intervistato qualche tempo fa sulla scelta di non assegnare compiti ai suoi alunni, ha partecipato il 19 e 20 gennaio al primo convegno nazionale “Basta compiti, non è così che s’impara” organizzato a Jesi dal fondatore del movimento Maurizio Parodi.
Isabella, che cosa si è portata a casa dal convegno?
“La sensazione di non essere un pesce fuor d’acqua. È stato bello e costruttivo incontrare docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia consapevoli della validità di una didattica a compiti zero”.
Ha imparato cose che non conosceva?
“Diciamo che ho avuto maggiori conferme sul lavoro che sto svolgendo in classe, ricevendo diversi input anche sul piano scientifico. Si è molto parlato dello sviluppo neuronale dei bambini, delle fasi della crescita. Ecco, i compiti non andrebbero assegnati oltre l’orario scolastico, sempre tenendo in considerazione che un cervello sovraccarico non lavora bene”.
Sul piano pedagogico, ha ricevuto spinte motivazionali particolari?
“Sì, al convegno è stato sottolineato come la Montessori e Freinet siano troppo poco considerati dalla scuola italiana, al contrario che all’estero. E nell’idea del rispetto del bambino e dei suoi tempi sono, invece, centrali e alla base di una pedagogia senza compiti”.
Cosa cambia, d’ora in poi?
“Abbiamo costituito una rete di docenti e dirigenti a compiti zero rappresentata nelle province di Asti, Torino, Verbano-Cusio-Ossola, Brescia, Como, Cremona, Trento, Genova, Modena, Parma, Prato, Arezzo, Ancona, Macerata, Roma, Salerno, Napoli, Carbonia-Iglesias Oristano, Siracusa, Ragusa. Non siamo più isole separate, siamo in comunicazione e al servizio di quei docenti che si stanno ponendo domande sul proprio modo di fare didattica. Quando sono tornata in classe, per la prima volta mi sono sentita me stessa, orgogliosa. Negli ultimi mesi mi ero confrontata con alcuni genitori scettici, spiegando le ragioni della mia scelta. Spero e penso che abbiano capito che ha molto a che vedere con il fatto che i loro figli stiano bene”.
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